Dopo la lezione su Parmenide, come spunto iniziale per la discussione, siamo partiti da alcuni stralci di un'intervista a Emanuele Severino:
Che ne sarà di me tra un momento, domani, tra un anno?
Come faccio a distaccarmi, a stare al di sopra dell’angoscia per le cose che possono capitare?
Di fronte al divenire l'Occidente dice: "Tu non mi minacci più perché ho la scienza e ti posso prevedere”.
La voce dell’antica Elea è diversa e singolarmente vicina all'Oriente perché al divenire non dice "Tu esisti però io ti domino", ma dice "Tu non esisti".
Non c’è più minaccia perché il divenire è illusione: cancellato il mondo è cancellato anche tutto l'angosciante, tutto il terribile, tutto l'orrendo del mondo.
La protesta contro questa visione esprime la nostra psicologia, la volontà che il mondo "sia", e noi occidentali dominiamo il pianeta perché non rinunciamo al mondo, mentre l'Oriente ha rinunciato al mondo.
L'uomo è infelice perché non sa che il dolore è al di fuori di lui.
L'uomo è infelice perché non sa di essere felice.
L'uomo è infelice perché non sa che lui è un puro sguardo, che non è contaminato dal dolore che gli passa innanzi, così come lo specchio non è contaminato dall'immagine che si riflette in esso.
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La lettura di questo testo ha dato vita ad una serie di domande da cui poi è partita una discussione. Le domande sono le seguenti:
- Perché l'Oriente ha rinunciato alla volontà di potenza sul mondo? Forse perché è più saggio o perché più remissivo? (Giacomo)
- Ma di quale Oriente stiamo parlando? (Lena)
- Perché l'uomo non ha comprensione della felicità? (Loredana)
- E' un bene che non si venga contaminati dal dolore? (Tamara)
- Che cos'è la felicità? E' assenza di dolore? (Patrizia)
- Siamo così sicuri che i nostri sensi ci dicono la verità? (Chiara)
- Concepire il mondo così (stare sopra) è una questione di scelta o presuppone un'esperienza particolare (mistica, iniziatica, religiosa, ecc.)? (Fabio)
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