sabato 21 novembre 2015

12 novembre 2015 - La discussione post lezione 16

Dopo la lezione sui Sofisti e su Socrate, abbiamo letto il passo finale del Fedone di Platone, in cui vengono descritti gli ultimi momenti di vita di Socrate, in particolare quando, arrivato il momento di bere la cicuta, il filosofo dimostra tutto il suo coraggio e, anche in quel momento, la sua saggezza

Ecco il testo:

E Critone, allora, fece cenno a un suo servo che se ne stava in disparte. Questi uscì e dopo un po' tornò con l'uomo che, in una ciotola, portava già tritato il veleno che doveva somministrargli.
«Tu, brav'uomo, che sei pratico di queste cose,» disse Socrate vedendolo, «cos'è, allora, che bisogna fare?»
«Nient'altro che bere e poi passeggiare un po' per la stanza finché non ti senti le gambe pesanti; poi ti metti disteso e così farà il suo effetto.»
Così dicendo porse la ciotola a Socrate. La prese, Echecrate, con tutta la sua serenità, senza alcun tremito, senza minimamente alterare colore o espressione del volto, ma guardando quell'uomo, di sotto in sù, con quei suoi occhi grandi di toro. «Che ne dici di questa bevanda, se ne può fare o no libagione a qualcuno? È permesso?»
«Socrate, noi ne tritiamo giusta la quantità che serve.»
«Capisco, ma pregare gli dei che il trapasso da qui all'al di là, avvenga felicemente, questo mi pare sia lecito; questo io voglio fare e così sia.»
Così dicendo, tutto d'un fiato, vuotò tranquillamente la ciotola.
Molti di noi che fino allora, alla meglio, erano riusciti a trattenere le lacrime, quando lo videro bere, quando videro che egli aveva bevuto, non ce la fecero più; anche a me le lacrime, malgrado mi sforzassi, sgorgarono copiose e nascosi il volto nel mantello e piansi me stesso, oh, piansi non per lui ma per me, per la mia sventura, di tanto amico sarei rimasto privo. Critone, poi, ancora prima di me, non riusciva a dominarsi e s'era alzato per uscire. Apollodoro, poi, che fin dal principio non aveva fatto che piangere, scoppiò in tali singhiozzi e in tali lamenti che tutti noi presenti ci sentimmo spezzare il cuore, tranne uno solo, Socrate, anzi: «Ma che state facendo?» esclamò. «Siete straordinari. E io che ho mandato via le donne perché non mi facessero scene simili; a quanto ho sentito dire, bisognerebbe morire tra parole di buon augurio. State calmi, via, e siate forti.»
E noi, provammo un senso di vergogna a sentirlo parlare così e trattenemmo il pianto. Egli, allora, andò un po' su e giù per la stanza, poi disse che si sentiva le gambe farsi pesanti e cosi si stese supino come gli aveva detto l'uomo del veleno il quale, intanto, toccandolo dì quando in quando, gli esaminava le gambe e i piedi'e a un tratto, premette forte un piede chiedendogli se gli facesse male. Rispose di no. Dopo un po' gli toccò le gambe, giù in basso e poi, risalendo man mano, sempre più in su, facendoci vedere come si raffreddasse e si andasse irrigidendo. Poi, continuando a toccarlo: «Quando gli giungerà al cuore,» disse, «allora, sarà finita.»
Egli era già freddo, fino all'addome, quando si sco-. prì (s'era, infatti, coperto) e queste furono le sue ultime parole: «Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio, dateglielo, non ve ne dimenticate.»
«Certo,» assicurò Critone, «ma vedi se hai qualche altra cosa da dire.»
Ma lui non rispose. Dopo un po' ebbe un sussulto. L'uomo lo scoprì : aveva gli occhi fissi.
Vedendolo, Critone gli chiuse le labbra e gli occhi.
Questa, Echecrate, la fine del nostro amico, un uomo che fu il migliore, possiamo ben dirlo, fra quanti, del suo tempo, abbiamo conosciuto e, senza paragone, il più saggio e il più giusto.


** *** **

Dopo la lettura di questo testo non c'è stata la consueta discussione, ma abbiamo provato a scegliere un concetto che emergesse da questa lettura per provare poi a darne una definizione condivisa. Il risultato, ancora da perfezionare con successivi incontri e discussioni, è al momento il seguente:

Che cos'è la coerenza?

Vincolo e valore che ciascuno dà a se stesso di essere come ciò che è stato già.

Credere nelle proprie idee e, quando la coerenza ha un costo, la capacità di pagarlo è l’indice della nostra qualità.

Il vincolo dà idea di costrizione. L’incoerenza non è sempre un male.
Ma la parola “vincolo” può andare bene, perché suggerisce “impegno”, anche se il sistema dei valori può cambiare.

La coerenza non ha necessariamente a che fare con la morale.
La coerenza è una capacità che non è un far bene o male. E’ un comportamento moralmente neutro

La coerenza non è uno stato ma un processo, che si può meglio definire con “energia”.
In termini assoluti la coerenza non è degli esseri umani. La coerenza è un seguire, ma come tendenza.
La coerenza c’è solo su singoli episodi.
La coerenza assoluta è ossessione.
Non bisogna pensare alla coerenza in termini assoluti. La coerenza è sempre nel presente, si dà sempre in questo momento ed è corrispondenza tra azione e pensiero. E il pensiero cambia nel tempo.

La coerenza lascia un segno. Tant’è che si può pensare che sia fondante l’esistenza.

La coerenza è qualcosa di pubblico, si vede fuori. La coerenza interna si definisce meglio come autenticità. C’è differenza tra autenticità e coerenza.

12 novembre 2015 - Lezione 16 - I sofisti e Socrate

L'EPOCA DEI SOFISTI E DI SOCRATE

Abbiamo brevemente ripassato i filosofi sofisti e Socrate. Per l'approfondimento andare alle pagine di questo stesso blog alle lezioni di dicembre del 2014 (a partire da qui: I sofisti: Protagora)


L'epoca dei Sofisti vede un mutamento importante in filosofia: la riflessione si sposta dalla natura (cosmologia) all'uomo (antropologia). Non più l'arché ma cosa è utile all'uomo

Età di Pericle. Epoca di vittorie militari e delle istituzioni democratiche.

Sofista significa “sapientissimo”
Erano pedagoghi e insegnanti di filosofia e retorica a pagamento. Cosmopoliti (tutti stranieri). Alcuni nomi: Antifonte (famoso tra i logografi), Lisia (il più bravo), Protagora e Gorgia (i più filosofi).

Per i sofisti la virtù (aretè) non è più quella militare e aristocratica. La virtù si fonda sul sapere globale. È’ insegnabile a tutti e serve ad avere successo nella vita pubblica della polis. (Le giurie erano formate dal popolo e non c'erano avvocati).

In generale possiamo dire che è più importante la forma del contenuto: la retorica.




I sofisti: PROTAGORA
(Abdera 486 a.C – 410 a.C.)

Due suoi famosi frammenti:
1. Sul relativismo:
L'uomo è misura [mètron] di tutte le cose

2. Sull'agnosticismo:
Riguardo agli dei, non ho la possibilità di accertare né che sono né che non sono


Se una verità oggettiva non c'è, nella polis c'è comunque il criterio della maggioranza












I sofisti: GORGIA
(Leontini 484 a.C. - Tessaglia 375 a.C)

Dal relativismo si passa al nichilismo:
L'Essere non è; se fosse non sarebbe conoscibile; se fosse conoscibile non sarebbe comunicabile

Una verità oggettiva non c'è → criterio del singolo

La parola, liberata dalla pretesa di verità, può tutto

[Un approfondimento lo trovi in questo stesso blog cliccando qui: Gorgia]








SOCRATE
(Atene 469 a.C - 399 a.C)

Conosci te stesso

So di non sapere

Figlio di uno scultore e di una levatrice, fu un uomo normale, semplice, senza desideri di potere o notorietà. Non direttamente impegnato in politica anche se di posizione aristocratica
Non ha scritto nulla.
Era bruttissimo, piccolo, tarchiato, vestiva sempre con lo stesso chitone e non si lavava → C’è un deciso cambio nella concezione della virtù! (l’ideale era “bello e buono”).
Passava il tempo nell'agorà a parlare con gli amici (alcuni lo aiutavano economicamente).

Maieutica: come la madre aiutava le donne a partorire il loro bambino, così Socrate aiutava gli uomini a partorire la loro verità. Ma Socrate è sterile (di sapienza).
La maieutica (=arte del far partorire) portava alla luce le conoscenze implicite dei suoi interlocutori.
La verità è una qualità naturale, innata (immanente) in tutti gli uomini. Basta saper usare la ragione all'interno di un dialogo. La maieutica è un invito a ragionare.

[Un approfondimento lo trovi in questo stesso blog cliccando qui: Socrate]

sabato 7 novembre 2015

29 ottobre 2015 - La discussione post lezione 15


Dopo la lezione sui primi filosofi, come spunto iniziale per la discussione, siamo partiti da una favola filosofica di Ermanno Bencivenga: Il cordino.

Ecco il testo:


Quando ero piccolo avevo un grosso problema.
Ogni tanto mi faceva male la testa o la gola, e fin qui niente di strano: non era piacevole, ma è una cosa che capita a tutti e, come si dice, mal comune…
C’era anche, però, un male che non era affatto comune; anzi, ce n’erano molti.
Succedeva per esempio che mi facessero male i pantaloni, quando la mamma li metteva in lavatrice e quella specie di ventola che c’è lì dentro li sbatteva di qua e di là.
Mi faceva male la porta se il vento la chiudeva con gran fracasso, mi faceva male il gatto se qualcuno gli tirava la coda e mi faceva male la sedia quando ci si sedeva su lo zio Pasquale, che pesa più di un quintale e a momenti la sfonda.
A un certo punto la mamma decise di portarmi dal dottore.
Era un signore alto e tutto bianco, con degli occhiali così spessi che gli occhi neanche si vedevano.
Mi fece sedere e sdraiare, mi tastò davanti e dietro, mi guardò con certi altri occhiali ancora più spessi e finalmente si schiarì la voce e cominciò a spiegare.
Tutti quanti, disse, quando veniamo al mondo ci stacchiamo dal resto delle cose.
Alcune cose rimangono nostre, come la testa e la gola, e altre cose -la maggior parte delle cose- no.
Il gatto e i pantaloni e la sedia, per esempio, non sono nostri: o meglio, sono nostri nel senso che ce li possiamo tenere e se un altro li vuole ce li deve chiedere, ma non nel senso che fanno parte di noi come la testa e la gola.
Ecco, questo è quel che capita a tutti, anzi a quasi tutti.
Per motivi che nessuno comprende, ogni tanto nasce un bambino che non si stacca dal resto delle cose.
Io ero un bambino così: un cordino invisibile ma molto resistente mi legava al gatto e alla sedia, e anche alla pastasciutta e alla Luna.
Per farmi diventare come gli altri bisognava tagliare il cordino.
Detto fatto, il dottore prese uno strumento invisibile ma molto resistente (che strumento fosse non lo so, perché non l’ho visto) e tagliò il cordino.

Da allora va tutto bene.

O forse dovrei dire: non va male.
Non mi fanno più male i pantaloni quando la mamma li mette in lavatrice, o il gatto quando qualcuno gli tira la coda, o la porta quando il vento la sbatte con gran fracasso, e tutto sommato non mi dispiace di sentir male solo alla testa o alla gola.
C’è anche qualcosa che mi dispiace, però.
Prima, quando i pantaloni uscivano dalla lavatrice e la mamma li stendeva al Sole, sentivo tutto questo caldo che mi scorreva dentro come una tazza di cioccolata d’inverno.
Poi la mamma li ritirava nell’armadio fresco e profumato di lavanda, ed era come addormentarsi nell’erba, sotto un albero, dopo un pranzo all’aperto e tante corse dietro al pallone.
Per non parlare di quando il gatto si accoccolava sulla sedia: il suo pelo morbido contro il cuoio liscio e vellutato.
O quando la mamma sfogliava un libro e senza accorgersene accarezzava le pagine.
Quelle carezze non le sento più, da quando se n’è andato il cordino.


** *** **

La lettura di questo testo ha dato vita ad una serie di domande da cui poi è partita una discussione.
Eccole in elenco:

1. E' così sbagliato avere una sensibilità alle cose? (Elisabetta)

2.  Siamo legati a quello che ci circonda? (Mauro, Giacomo)

3. C'è bisogno di un dottore? (Matteo)

4. Che cos'è la normalità? (Melissa)

5. Che cos'è la guarigione? (Carla)

6. Guarigione da cosa? (Emanuele)

7. Le cose hanno un'anima? (Tatjana)

8. Era meglio quando era peggio? (Gabriella)

9. Essere salvati dal dolore è un bene? (Mauro 2)

10. E' così doloroso/necessario crescere (Carla, Ivetta)

11. Crescere significa necessariamente perdere l'empatia o può accadere il contrario? (Deborah)

12. Il cordino rappresenta il bisogno di affetto? (Giulia)

** *** **

Dopo la lezione qualcuno ha anche composto una poesia. Eccola qua:


Difficile unione di pensieri
che contrastano e uniscono...

Dove nulla è tutto
Io vago e non arrivo
Ma torno e resto pensiero ed esisto

(E.Tomassini)

29 ottobre 2015 - Lezione 15 - I presofisti

La filosofia prima dei Sofisti

Abbiamo passato in rassegna i filosofi presofisti della Grecia antica: da Talete a Democrito. Di seguito un elenco con alcune brevi note per memorizzare. Per l'approfondimento andare alle pagine di questo stesso blog alle lezioni di ottobre, novembre e dicembre del 2014 (a partire da qui: I primi filosofi - La scuola di Mileto)



TALETE
(Mileto, 640/625 a.C. – circa 548 a.C.)

L'acqua è il principio di tutte le cose

L'acqua è l'archè











ANASSIMANDRO
(Mileto, 610 a.C. – circa 547 a.C.)

Arché degli esseri è l’àpeiron...
da dove infatti gli esseri hanno l’origine, là hanno anche la dissoluzione, secondo necessità:
poiché essi debbono pagare [l’uno all’altro]
la pena e l’espiazione dell’ingiustizia,
secondo l’ordine del tempo.






ANASSIMENE
(Mileto, 586 a.C. – circa 525 a.C.)

Come l'anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il soffio e l'aria circondano il mondo intero














PITAGORA
(Samo, 570 a.C. –  Metaponto 495 a.C.)

Tutte le cose hanno un numero

La conoscenza (e la memoria) di questo complesso universo armonico di relazioni tra numeri e cose è il vertice della conoscenza











ERACLITO
(Efeso,  535 a.C. – 475 a.C )

Il perenne, continuo (e, a ben vedere, armonico) divenire delle cose è la realtà del mondo.

La guerra è il signore di tutte le cose

Panta Rei (tutto scorre)



Senofane e la Scuola di Elea
(578 a.C – 490 d.C circa)

A Elea c'era una scuola: ne facevano parte Parmenide, Zenone e Melisso. Alcuni dicono che Senofane ne fu il capostipite.

Di senofane ricordiamo questa frase contro l'antropomorfizzazione della divinità:
Se i buoi, i cavalli e i leoni avessero le mani, dipingerebbero i loro Dei simili a buoi, cavalli e leoni, e farebbero corpi foggiati come loro








PARMENIDE
(Elea, 515 a.C. – 450 a.C.)


Cosa c'era prima dell'essere?

L’essere è e non può non essere;
il non essere non è e non può essere.





ZENONE


Paradossi e dialettica















MELISSO

L'Essere è infinito:
Il limite confinerebbe col vuoto









EMPEDOCLE
(Agrigento, 492 a.C. – “Etna” 450 a.C.)

Per prima cosa ascolta che quattro son le radici [rizomata] di tutte le cose




















ANASSAGORA
(Clazomene 496 a.C. - Lampsaco 428 a.C.)

Tutto è in tutto
(semi, omeomerie)

Il Nous governa il mondo
(Cos'è il Nous? E' energia? Intelligenza ordinatrice? Anima?)










DEMOCRITO
(Abdera 460 a.C – Atene 370 a.C.)

Discepolo di Leucippo

Gli elementi di tutte le cose sono gli atomi e il vuoto.
Gli atomi si muovono per forze puramente meccaniche, urtano, si aggregano, si disgregano