venerdì 27 marzo 2015

19 marzo 2015 - La discussione post lezione 09


Dopo la lezione su Platone, come spunto iniziale per la discussione, anche pensando alla ricorrenza della festa del papà, siamo partiti da alcuni spunti tratti da un libro di Massimo Recalcati: Il complesso di Telemaco.











Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo, se vuoi possederlo davvero.

Il figlio-Edipo sperimenta il pater familias come ostacolo alla realizzazione del suo soddisfacimento.

Il figlio-Anti-Edipo, sottofigura del primo, ha la vocazione dell'orfano, deciso a liberarsi del padre piuttosto che a combatterlo.

Il figlio-Narciso, quando trionfa una falsa orizzontalità padre-figlio, piega l'ordine familiare alla legge arbitraria dei suoi capricci, si specchia nel godimento degli oggetti che consuma.

Il figlio-Telemaco ci mostra come si può essere figli senza rinunciare al proprio desiderio.


Telemaco, con i suoi occhi speranzosi, guarda il mare, scruta l'orizzonte.
Aspetta e prega che la nave di suo padre Ulisse -che non ha mai conosciuto- ritorni per riportare la Legge nella sua isola dominata dai Proci che gli hanno occupato la casa e che godono impunemente e senza ritegno delle sue proprietà.
Giustizia per Itaca.


** *** **

La lettura di questo testo ha dato vita ad una serie di domande da cui poi è partita una discussione. Le domande sono le seguenti:


1. Si può essere l'uno e l'altro a seconda delle circostanze? (Andrea A)

2. La parità padre-figlio è una questione moderna? (Anita)

3. Ci siamo persi il padre? (Fabio)

4. Il nostro tempo molto infantile è rappresentato dall'ipocrisia e dallo sminuire l'autorevolezza? (Giacomo)

5. Si può davvero odiare il padre? (Andrea B)

6. Perché tutta questa negatività nei confronti del padre? (Pamela)

7. Quando il figlio diventa padre, rimane figlio? (Giorgio)

8. Il comportamento del figlio dipende dal padre o avrebbe comunque lo stesso comportamento indipendentemente dal padre? (Donatella)

9. Il figlio-Telemaco è indissolubilmente legato al padre Ulisse o può essere legato anche ad altre tipologie di padre, come i padri che non arrivano? (Mina)

10. Quando finisce il mito del padre? (Tamara)

11. Il Figlio-anti-Edipo rinuncia perché ha capito che il padre non vuole combattere con lui? (Ivetta)

12. Quando un padre prende anche il posto di una madre? (Cristiana)

domenica 22 marzo 2015

5 e 19 marzo 2015 - Lezione 09 - PLATONE (prima parte)

PLATONE
(Atene 427 a.C – 347 a.C) 

Aristolcle, detto Platone per la larghezza delle spalle (o della fronte). Di famiglia aristocratica, imparentato con Solone e Crizia.

Leggende: api (nascita), cigno (il sogno di Socrate).

Allievo e amico di Socrate dal 408 (prima voleva fare il poeta). Profondamente segnato dalla condanna del suo maestro per cui scrisse l'Apologia →(Diffidenza per la democrazia e preoccupazione per l'eunomia).

Abbiamo tutti i suoi Dialoghi, (ci saranno stati anche degli scritti interni), poi ci sono le dottrine non scritte → Asistematicità: non abbiamo di lui scritti rigorosi.

Questione socratica (E’ esistito Socrate? Come ce lo ha tramandato Platone?)

A differenza di Socrate, ebbe un forte interesse per l'impegno politico diretto → Il ben
e + la giustizia!

Epoca di grandi trasformazioni (antagonismi→  pericolo).

La filosofia, che nasce dalla meraviglia (thaumàzein) è ricerca perenne, critica, mai soddisfatta. Però di Platone è spesso stata data un'immagine statica.

[Philosophical tradition consists of a series of footnotes to Plato (La filosofia consiste in una seri di note a piè di pagina a Platone, cerca in Internet chi l'ha detto!]





Le origini della filosofia secondo Platone

Da un dialogo di Platone:

TEETETO: “Per gli dèi, veramente, Socrate, io mi meraviglio enormemente per cosa possano essere mai queste visioni e talvolta, guardandole intensamente, soffro le vertigini”.
SOCRATE: “Non mi pare, caro amico, che Teodoro abbia opinato male sulla tua natura. Si addice particolarmente al filosofo questa tua sensazione: il meravigliarti. Non vi è altro inizio della filosofia, se non questo, e chi affermò che Iride* era figlia di Taumante* come sembra, non fece male la genealogia”.


*Taumante, (Thaumas), divinità marina. La radice greca d’origine gli dà il significato di “miracoloso”, “meraviglioso” oppure può essere “orrore che porta a meraviglia”: mostro. Iride, messaggera degli dèi, è anche simbolo della conoscenza




Socrate e Platone

Nemico comune è il relativismo dei sofisti.

Per Socrate la verità è insita in ogni uomo. Con la
maieutica è possibile partorirla. L'uomo è la sua psychè. Non ha scritto nulla ed è vissuto sempre in città.

Platone scrive dialoghi e, probabilmente, ama la vita lontano dalla città, nella natura. Ma soprattutto si domanda: come è possibile che l'uomo abbia in sé la verità? Da dove viene la stabilità della verità? Come è possibile che le anime siano gravide della verità? Come può esserci verità oggettività se viene da soggetti diversi? Come si può dire buono in modo permanente se è riferito a cose diverse?




La politica e la giustizia (i viaggi in Sicilia)

Morto Dionigi il vecchio, Dione lo richiamò a Siracusa per guidare Dionisio il giovane
Soprattutto a causa dei cortigiani, sorsero contrasti tra Dionisio II e Dione e Platone.
Platone e Dione scapparono.
Intorno ai 60 anni Platone fu richiamato da Dionisio II, con un ricatto (diseredare Dione). Finì con Platone venduto come schiavo e salvato da un amico pitagorico.
In seguito Dione, nonostante Platone lo sconsigliò, attaccò Siracusa e cacciò Dionisio II. Due anni dopo fu ucciso anche lui.

Platone sperò sempre di realizzare la giustizia in una concreta azione politica. Da Socrate a Dione, passando per i due Dionisio, fu sempre deluso. Forse è anche per questo che il suo ultimo dialogo fu Leggi .


387 a.C: l'Accademia

[Non entri chi non sa di geometria] Era la scritta che campeggiava all'ingresso dell'Accademia

Dopo il 399, Platone andò via da Atene, viaggiò e poi si fermò a Siracusa (da Dione, cognato del tiranno Dionisio I). Finì venduto come schiavo. Riscattato da un amico pitagorico, ebbe anche dei soldi con cui comprò un terreno vicino a Atene accanto ad un boschetto dedicato all'eroe Academo e vi fondò, nel 387, una scuola: l'Accademia.

Un'istituzione religiosa e un centro di studi. (Forse pensò che avrebbe influito più con l'insegnamento che non con un impegno politico diretto).
Platone vi insegnò dai 40 agli 81 anni.

Doveva essere una palestra per futuri uomini di Stato e comunque per orientare la vita.
L'Accademia rimase aperta per 9 secoli. Fu chiusa nel 529 d.C. da Giustiniano in quanto istituzione culturale pagana.


Vita in Accademia

Associazione religiosa, sul modello della scuola pitagorica, ma senza culto della personalità
→ Filosofia come ricerca comunitaria.

Scuola per uomini di Stato, che dovevano conoscere cos'è il Bene e saper governare se stessi
(Ma dovevano conoscere anche le scienze).

Vita in comune tra maestro (scolarca, eletto a vita) e discepoli.
Libertà di critica.
Due donne sono note per avervi studiato: Axiothea di Fliunte e Lasthenia di Mantinea.
Beni in comune.
Insegnamento orale, attraverso dialoghi.

Conoscenza della verità e del  principio; acquisizione del metodo dialettico; importanza della geometria

Fine = formazione.

CONFILOSOFARE: Aristotele, discepolo fedele dell'Accademia per 20 anni, dirà che quanti amano la filosofia desiderano filosofare insieme, cioè cercare la verità con gli amici


Rapporto con i sofisti e i naturalisti

Il relativismo dei sofisti è una minaccia per la polis. Non è nell'uomo il criterio di giudizio


Il naturalismo del mai citato Democrito, pur trovando un principio universale nella materia atomica, escludeva la razionalità intelligente del cosmo












IL MITO: un'immagine vale mille parole e un'analogia mille argomentazioni

Nei dialoghi, già di per sé una forma scritta particolare, agile e divulgativa (ricordiamo che Socrate, il suo maestro, era contrario alla scrittura!), ci sono spesso dei miti:
1. alleggeriscono
2. chiarificano, fanno didattica e sono persuasivi
3. sostengono in modo alogico (intuitivo) il raggiungimento della verità cui la ragione filosofica non riesce ancora ad arrivare direttamente
→ quindi sono miti filosofici.

In generale, invece, i miti tradizionali e le forme artistiche che li narrano (Dèi con discutibili caratteristiche umane, vizi e passioni) sono condannati da Platone.




Il mito della caverna
In una caverna ci sono dei prigionieri, incatenati fin dall'infanzia nelle sue profondità. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possono solo fissare il muro dinanzi a loro.
Alle spalle dei prigionieri è stato acceso un enorme fuoco.
Tra il fuoco e i prigionieri corre una strada rialzata. Lungo questa strada è stato eretto un muricciolo, lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti, animali, piante e persone.
Le forme proiettano la propria ombra sul muro e questo attrae l'attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parla, si forma nella caverna un'eco che spinge i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.
Un prigioniero si libera dalle catene!
Gli resta difficile camminare e perfino rimanere in piedi. Va verso l'uscita della caverna: i suoi occhi restano abbagliati dalla luce e prova dolore.
Nel cammino, vede le forme portate dagli uomini lungo il muretto. Gli sembrano meno reali delle ombre alle quali è abituato. Soffre nel fissare il fuoco, preferisce ancora volgersi verso le ombre.
Dopo molti sforzi, esce dalla caverna. Viene esposto alla diretta luce del Sole. Rimane quasi accecato e non riesce a vedere alcunché. Il prigioniero si trova a disagio, si irrita per essere uscito dal luogo cui era abituato.
Piano piano, il prigioniero riesce a distinguere le ombre delle persone e delle cose naturali, grazie alle loro immagini riflesse nell'acqua. Con il passare del tempo può sostenere la luce e guardare gli oggetti stessi.
In seguito, di notte, volge lo sguardo al cielo, ammirando i corpi celesti con maggior facilità che di giorno.
Infine, il prigioniero è capace di vedere, per brevi attimi, il Sole stesso. Ora sa che il Sole emana la luce che rende tutto visibile con chiarezza.
Capisce anche che è il Sole a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e suoi compagni vedevano.
Resosi conto della situazione, egli decide di tornare nella caverna e liberare i suoi compagni, essendo felice del cambiamento e provando per loro un senso di pietà.
Il problema, però, è convincere gli altri prigionieri ad essere liberati. Infatti, deve riabituare gli occhi all'ombra. Passa del tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente di nuovo nel fondo della caverna. Durante questo periodo è oggetto di riso da parte dei prigionieri: è tornato dall'ascesa con gli occhi rovinati!
Inoltre, questa sua temporanea inabilità influisce negativamente sulla sua opera di convincimento e, anzi, spinge gli altri prigionieri ad insultarlo, denigrarlo.
Un bel giorno lo uccidono.


Seconda navigazione: la nascita della metafisica

Se gli uomini non avessero valori universali e condivisi, non potrebbero comunicare e costruire la società.
Se non avessero criteri stabili, non potrebbero nemmeno conoscere e giudicare la realtà.
Una realtà immutabile e perfetta deve esistere, altrimenti non si spiegherebbe come mai gli uomini abbiano dentro di loro l’idea della perfezione (o della giustizia, ecc.) visto che nel nostro mondo sensibile la perfezione non esiste
In base a che si può dire che una cosa è più o meno bella (giusta, grande, simile, ecc.)?

Esistono paradigmi universali, immutabili e perfetti: sono le IDEE. Esistono indipendentemente dalla nostra mente: sono entità immateriali del tutto separate dal mondo sensibile →soprasensibile →metafisica
Solo la mente (non i sensi) può cogliere queste essenze →sono enti intelligibili

*La seconda navigazione era quella che, una volta venuto a mancare il vento, prevedeva l’uso dei remi →La prima navigazione era quella dei naturalisti


Il mondo delle Idee: l'Iperuranio

Iperuranio = al di là del cielo

L'intelletto, elevandosi al di sopra degli aspetti particolari degli oggetti, riesce a coglierne l'essenza, l'idea

IDEA (èidos) non è contenuto della mente, è l’essenza reale e intelligibile delle cose.

Sinonimi di Idea: paradigma, archetipo, universale, essenza, in sé e per sé, forma, modello, aspetto, prototipo, “concetto”, causa, criterio, stampo, sostanza
Aggettivi per Idea: reale, soprasensibile, immateriale, innata, perfetta, immutabile, universale, eterna, comune, generale, intelligibile, necessaria, vera, pura



IDEA (e copie)

Con buona pace di Giotto, anche la sua “O” non era perfetta.


Per quanto usiamo lo stesso stampo, le torte verranno sempre tutte diverse.















Il dualismo tra le idee e le cose

C'è distinzione netta tra mondo sensibile e iperuranio, separazione
→ trascendenza

Dualismo ontologico (relativo all’essere): c'è una realtà sensibile (ingannevole, mutevole e imperfetta) e una realtà soprasensibile (vera, immutabile e perfetta)

Dualismo gnoseologico (relativo alla conoscenza, alla verità): c'è un'opinione (doxa: imperfetta e mutevole) e una scienza (epistème: perfetta e immutabile)

Dualismo assiologico (relativo ai valori, al bene): le cose non sono mai come dovrebbero essere (idea come fine) e valgono nella misura in cui si avvicinano a come dovrebbero essere

Dualismo uno-molti: c’è una realtà sensibile molteplice (cavalli) che fa riferimento all’unità dell’idea (Idea di cavallo, cavallinità)

Dualismo esistenziale: c’è un’insoddisfazione continua, una tensione interna tra la parte umana sensibile e quella ideale, che si sente ingabbiata


Il rapporto tra le cose e le idee

C'è anche una continuità tra mondo sensibile e iperuranio
→ “immanenza”

Mimesi: le cose imitano le idee (così come il vaso è modellato dall'artigiano in base all'idea di vaso)

Metessi: le cose partecipano delle idee  (le azioni sono tanto più giuste quanto più prendono parte all'idea di giustizia)

Parusia: la presenza delle idee nelle cose che ne sono espressione visibile (in un bel corpo si rivela l'idea della bellezza)



Il Bene in sé – L'Uno

C'è una gerarchia nelI'Iperuranio.

Al vertice c'è l'Idea del Bene o Uno: causa universale di tutto ciò che
è buono e bello. Indefinibile razionalmente, è l'armonia e la ragion d'essere di tutto. È il Sole, che illumina senza poter essere visto. Incomunicabile a parole. Attingibile solo con intuizione.

Platone parlava poi di Diade, principio (indeterminato) della molteplicità che, opponendosi all'Uno (determinante), dà origine all'universo. (E’ la luce del Sole? E’ la sovrabbondanza di bene che emana dal bene in sé? E’ il pensarsi dell'Uno che quindi si pensa come qualcosa di distinto e crea separazione tra sé e sé? E’ ciò che non è uno?)




La gerarchia tra le idee e la dialettica

Sempre tenendo presente l'asistematicità di Platone e il fatto che di questa gerarchia trattava senza scriverne (dottrine non scritte), possiamo dire che, dopo l'Uno e la Diade, c'erano:

- i Generi sommi: Essere, Identico, Diverso, Quiete, Movimento. Ogni idea è identica a se stessa (A=A) e diversa dalle altre (A≠nonA). Per questo si crea nell‘Iperuranio, che è la sede dell'Essere, un insieme di quiete (essere identico) e movimento (non essere identico, diversità)

- Idee di valori: bellezza, giustizia, ecc. e Enti matematici: numeri, poliedri regolari, figure geometriche

- Idee determinate di oggetti naturali o artificiali

→ Nel mondo delle Idee c'è dunque relazionismo senza relativismo.
Chi conosce questa gerarchia (sapendo fare analisi e sintesi dei rapporti idee-idee e idee-cose) è il dialettico, cioè il filosofo
→ La dialettica è l'attività discorsiva dell'anima.



Il parricidio di Parmenide

Platone si ritiene figlio di Parmenide, “maestro venerando e terribile”. Ma per Parmenide il non essere non è e non può in alcun modo essere. La molteplicità è ingiustificabile sulla base della logica parmenidea.
Invece, Platone introduce la molteplicità e la diversità anche nell’Iperuranio.
L’essere diverso
→ anche il non essere è
Le idee sono irrinunciabili per la comprensione del reale. Platone si allontana da Parmenide dicendo che bisogna ammettere in qualche modo l’esistenza di un non essere che non coincida con il nulla.
Questo è l’essere diverso. Un’idea è se stessa e non è un’altra idea, senza essere nulla (generi sommi).

→ Nasce quindi la possibilità della conoscenza e dell'errore, che prima pareva negata (l'essere è → il falso è non essere): sbagliare significa dire le cose diversamente da come sono.
Platone non riferisce più l’idea di partecipazione al rapporto cosa-idea, ma alle idee tra loro

Si evidenzia la distinzione di essere con valore copulativo (Socrate è ateniese) da essere con valore esistenziale (Socrate è)


Critica agli “amici delle idee”: il terzo uomo

Nell’Accademia doveva esserci una frangia di discepoli dogmatici. Platone stesso li critica amichevolmente definendoli “amici delle Idee”.
L'idea di uomo, che rappresenta l'unità, dovrà per forza avere qualcosa in comune con gli uomini: gli uomini sensibili si assomigliano perché imitano l'idea di uomo; ma se ci sono gli uomini e l'idea di uomo e sono tra loro simili, ci deve essere per forza qualcosa di comune all'idea di uomo e agli uomini che li rende simili, che li accomuna: ci deve essere un terzo uomo; questa argomentazione può andare avanti all'infinito perché ci dovrà sempre essere qualcosa in comune.

Vi è chiaramente una contraddizione nella dottrina delle idee, che era servita per semplificare la realtà, ma che la complica ammettendo la molteplicità: gli enti invece di ridursi si moltiplicano all'infinito.