II Lezione
PLATONE SCRIVE DIALOGHI E RACCONTA MITI
Qui di seguito facciamo un excursus su alcuni dialoghi scritti da Platone e su alcuni miti in esso descritti.
Per approfondire la trattazione di Platone, puoi cliccare sulle lezioni degli scorsi marzo e aprile, a partire da qui: Platone
APOLOGIA DI SOCRATE
L'
Apologia non è propriamente un dialogo: è il resoconto del processo di Socrate e della sua autodifesa, poiché accusato ingiustamente dalla democrazia ateniese.
Vi emerge il compito del filosofo: ricercare la verità e la giustizia, seguendo la ragione e non il proprio interesse, e obbedendo alla propria coscienza e al Dio. La vita è concepita come ricerca appassionata del sapere vero e della virtù/giustizia.
Le leggi, per ingiuste che possano essere, vanno sempre e comunque rispettate, mai infrante: ci si può battere per farle cambiare, ma mai violarle
FEDONE
(o dell'immortalità dell'anima)
E' Il dialogo della "seconda navigazione" che conduce a riconoscere l'esistenza di due piani dell'essere: uno fenomenico (e visibile) e l'altro metafisico (e intelligibile).
Il compito della filosofia è quello di liberare l'anima dal corpo.
Si fonda e si giustifica il concetto di anima (che Socrate intende come consapevolezza e come vera natura dell'uomo). Dalla sua accettazione o dalla sua negazione dipende il senso che l'uomo è disposto a dare a se stesso e alla sua esistenza.
→ Immortalità dell'anima ed esistenza delle Idee sono intimamente congiunte.
Al termine del dialogo c'è il mito sul destino dell'anima: Socrate ipotizza un “paradiso”, un “purgatorio” e un “inferno”: i puri vanno in paradiso (i filosofi saranno i più premiati). Ma nessuno può giurare che le cose stiano davvero così.
SIMPOSIO
(o
Convito)
Durante un simposio si affronta il tema dell'amore.
Socrate spiega che l'amore non è mai a sé stante, ma necessita di un oggetto: ha perciò sempre bisogno di ciò che ama, e attualmente non lo possiede.
Aristofane narra il celebre il mito dell’Androgino.
Socrate riporta le parole della sacerdotessa Diotima e narra il mito della nascita di Eros, figlio di Pòros e Penìa.
Socrate descrive anche la scala gerarchica di ascesa verso l’amore:
a)dai corpi belli,
b)alla bellezza delle anime,
c)poi delle leggi, della scienza,
d)infine alla bellezza in sé [L'amore platonico].
→
La bellezza é l'idea che meglio filtra nel mondo sensibile: ad es., vedendo la persona amata, si contempla il riflesso del bello in sé e l'anima viene colta dall'amore.
Simposio: mito dell'androgino
Parla Aristofane. Tempo fa non esistevano solo due sessi, bensì tre: c’era anche il sesso androgino, proprio di esseri che avevano in comune caratteristiche maschili e femminili.
In quel tempo, tutti gli esseri umani avevano due teste, quattro braccia, quattro mani, quattro gambe e due organi sessuali ed erano tondi.
Per via della loro potenza, gli esseri umani, per
hybris (superbia), tentarono la scalata all'Olimpo per spodestare gli dei. Ma Zeus, che non poteva accettare un simile oltraggio, decise di intervenire: “Adesso li taglierò in due uno per uno, e così si indeboliranno e nel contempo, raddoppiando il loro numero, diventeranno più utili a noi”. (Ombelico promemoria!)
Da questa divisione nasce negli umani il desiderio di ricreare la primitiva forza, tanto che le “parti” non fanno altro che cercare la propria metà e poi stringersi l’una all’altra. Così, per non volersi più separare, finiscono con il morire di fame e di torpore.
Zeus allora, per evitare l’estinzione degli uomini, manda nel mondo Eros affinché, attraverso il ricongiungimento fisico, essi possano ricostruire “fittiziamente” l’unità perduta (→anima gemella), così da provare piacere, riprodursi e potersi poi dedicare alle altre incombenze cui devono attendere.
Siccome i sessi erano tre, due sono oggi le tipologie d'amore: il rapporto omosessuale (se le parti erano in principio entrambe maschili o femminili) e il rapporto eterosessuale (se le parti, in origine, erano una maschile e una femminile).
Dunque al desiderio e alla ricerca dell'intero si dà nome “amore”
Simposio: mito (della nascita) di Eros
Il tema del banchetto è l’amore: Socrate cede virtualmente la parola a una donna (Diotima, sacerdotessa di Mantinea) nel senso che narra ciò che la sacerdotessa gli ha detto.
Durante i festeggiamenti divini per la nascita di Afrodite, tra le varie divinità, ci sono anche Pòros (astuzia,furbizia) e Penìa (povertà). Essi, ormai ubriachi, si uniscono e viene così concepito Eros, che ha quindi le caratteristiche dei suoi genitori: è ignorante, povero e brutto a causa di Penìa, ma sa cavarsela sempre grazie a Pòros.
Non è bello, ma sa andare a caccia della bellezza; egli sente l'amore ed è soggetto della ricerca della bellezza e dell'amore, svolge le mansioni dell'amante e non dell'amato.
Chiaramente, se ricerca la bellezza, significa che non la possiede: Eros è privo e bisognoso del sapere (penìa=povertà), ma ha anche le capacità di cercarsi e di procurarsi ciò di cui è privo (pòros=astuzia, espediente); dato che Eros è privo di bellezza e le cose buone sono belle, manca anche di bontà.
Eros non è un Dio e non è un essere umano. È in una posizione intermedia.
Fuor di metafora: chi si trova nella posizione più bassa (nella scala dell'eros) non prova nemmeno ad elevarsi; chi si trova in quella più alta non si impegna perché è già nella posizione ottimale
→chi si trova in una zona intermedia si impegna e desidera migliorarsi. [Questi ultimi sono i filosofi, che non possiedono la sapienza, ma si sforzano di raggiungerla].
Eros non è immortale ma nemmeno un mortale. Dunque è qualcosa che nasce e muore di continuo→ non si può mai possedere totalmente l'amore.
Simposio: alcune considerazioni
Eros è ricerca della bellezza che rende fisicamente e spiritualmente fecondi. E' aspirazione a raggiungere l'ideale che ci sfugge sempre.
Quindi tra amore e filosofia c'è un legame profondo: Eros è filosofo, un essere semidivino che ricerca l'amore (e la sapienza) senza riuscire mai a possederlo pienamente.
L’eros è ricerca dell'intero.
L'eros è la passione di tutta l'anima che cerca il sapere e la bellezza.
** *** **
Nel dialogo vi è una scena in cui, durante il banchetto, irrompe improvvisamente il giovane e aitante Alcibiade, totalmente ubriaco come quasi tutti. Racconta pubblicamente di aver fatto delle "avances" a Socrate, che però non ha accettato.
→ Socrate non è un asceta, ma non si lascia nemmeno trasportare dall’alcol. Si distingue dagli altri perché mantiene sempre la sua capacità di giudizio (è l’unico a non addormentarsi)
→ Evidentemente la bellezza esteriore conta meno di quella interiore
→ Evidentemente c’è una scala gerarchica dell'amore.
REPUBBLICA
(o
Politèia)
La Repubblica è uno dei dialoghi più importanti. Vi si affrontano quasi tutti i temi tipici platonici, ma tutto ruota intorno alla domanda su che cos'è la giustizia.
La si analizza prima nella società e poi nel singolo individuo. Non solo l'individuo aspira alla perfezione del mondo intelligibile, ma anche la polis, la collettività deve cercare di conformarvisi il più possibile.
Nel VII Libro si trova il Mito della Caverna
La città ideale (Kallipolis), retta dalla giustizia intesa come armonia tra le tre classi (lavoratori, guardiani, filosofi).
Utopia in cui i filosofi sono la guida politica.
Analisi delle costituzioni vigenti con i loro difetti.
Nel X e ultimo libro si trova il Mito di Er. Il giudizio delle anime. La nostra vita, in parte, la scegliamo noi
Repubblica: il mito delle stirpi metalliche e lo Stato ideale
I guardiani vanno educati al coraggio e alla temperanza.
Bisogna bandire poesie e miti che presentino situazioni di paura, viltà e di sconvenienza.
Importanza della musica (ma solo lo stile dorico) e dell’armonia.
In generale si deve educare all’amore della bellezza.
La ginnastica deve sviluppare la forza fisica ma soprattutto la forza morale.
Quando si parla dei criteri di scelta dei guardiani, Socrate narra il mito della nascita degli uomini dalla terra e della loro distinzione naturale in tre classi: filosofi (oro), guardiani (argento) e lavoratori (bronzo e ferro). E' il mito delle stirpi metalliche.
I guardiani vanno esclusi dalla proprietà privata e fanno vita in comune.
Il mito viene raccontato così:
“Il dio, quando vi ha plasmato, nella generazione di quelli tra voi che sono capaci di esercitare il potere ha mescolato dell'oro, perciò sono i più pregevoli; in quella delle guardie, argento; ferro e bronzo nei contadini e negli altri artigiani.
In quanto dunque siete tutti congeneri, per lo più genererete una discendenza simile a voi, tuttavia può accadere che dall'oro nasca prole d'argento e dall'argento d'oro, e così via secondo tutte le possibilità.
Perciò a coloro che detengono il potere il Dio ordina in primo luogo e soprattutto che di nulla siano così buoni guardiani e di nulla abbiano una cura più attenta come dei loro figli, per vedere quale di questi metalli sia mescolato nella loro anima”.
Lo Stato ideale
Lo Stato ideale mira al benessere e alla felicità della collettività, non di una singola classe. Questo capita solo quando c’è giustizia.
Alla giustizia sono connesse tre virtù: sapienza, coraggio, temperanza. La sapienza è la virtù dei governanti, il coraggio è la virtù dei guardiani e la temperanza deve essere di tutte e tre le classi.
Giustizia è assolvere il proprio compito all’interno della città senza scambi tra le classi.
Socrate poi dimostra che la giustizia nello Stato è la stessa che nell’individuo poiché la struttura dell’anima è uguale a quella della città. Infatti tre sono le facoltà dell’anima: razionale, impulsiva (o irascibile) e concupiscibile.
L’uomo è giusto quando la facoltà razionale, sostenuta da quella impulsiva, comanda su quella concupiscibile. [cfr. mito della biga alata nel Fedro]
Ma cos'è il Bene?
Il filosofo deve governare perché è il solo a conoscere il Bene, l’essere e la verità e poi è sincero, temperante, disprezza i beni mondani, possiede l’armonia interiore.
A volte l’ambiente può corrompere il filosofo, soprattutto se vuole compiacere il volgo e se segue i sofisti. Solo la città ideale che sta delineando Socrate consente ai filosofi di governare bene.
Si pone il tema dell’educazione dei filosofi: essa deve mirare alla disciplina più alta avente come oggetto il bene.
Occorre definire l’idea del Bene e si propone l’analogia con il Sole: come il Sole, pur dando vita e nutrimento agli oggetti sensibili, non si identifica con essi, così il Bene permette la visione del mondo intelligibile e lo trascende.
L’analisi prosegue con l’immagine della linea divisa in quattro segmenti cui corrispondono i gradi di conoscenza: immagini, oggetti sensibili, concetti, intuizioni
Per spiegare meglio la complessità dell'immagine della linea, viene narrato il mito della caverna
Repubblica: il mito della caverna
Abbiamo già trattato questo mito nella lezione precedente. Ora ne definiamo alcuni significati particolari.
La caverna oscura = il nostro mondo di tutti i giorni.
Gli schiavi incatenati = gli esseri umani nel mondo.
Le catene = l'ignoranza e le passioni che ci inchiodano a questa vita.
Le ombre delle statuette = l'immagine superficiale delle cose, corrispondente al grado gnoseologico dell'immaginazione.
Le statuette = le cose del mondo sensibile corrispondenti al grado della credenza.
Il fuoco = l’uso dell’intelletto / i principi fisici con cui i primi filosofi spiegarono le cose.
La liberazione dello schiavo = l'azione della conoscenza e della filosofia.
Il mondo fuori della caverna = le idee.
Le immagini delle cose riflesse nell'acqua = le idee matematiche che preparano alla filosofia.
Il Sole = l'idea del Bene che tutto rende possibile e conoscibile.
La contemplazione assorta delle cose e del Sole = la filosofia al livello di comprensione intuitiva.
L’ex schiavo che vorrebbe starsene “sempre là” = la tentazione del filosofo di chiudersi in una torre d'avorio.
L’ex schiavo che ritorna nella caverna = il dovere del filosofo di far partecipi gli altri delle proprie conoscenze.
L'ex schiavo che non riesce più a vedere le ombre = il filosofo che per essersi troppo concentrato sulle idee si è disabituato alle cose.
L’ex schiavo deriso = la sorte dell'uomo di pensiero: viene scambiato per pazzo da coloro che sono attaccati ai pregiudizi e ai modi di vita volgari.
I grandi onori attribuiti a coloro che sanno vedere le ombre = il premio offerto dalla società ai falsi sapienti.
L'uccisione dell’ex schiavo = Il rischio del filosofo, che parla di verità a chi non vuole/sa ascoltare. Socrate e la cicuta.
Repubblica: l'arte come imitazione di imitazione
La discussione torna sulla poesia e l’imitazione.
Distinzione tra Idee, oggetti sensibili e oggetti dell’arte.
Poeti e pittori imitano la realtà come appare, cioè gli oggetti sensibili e quindi essi sono tre gradi lontani dalla vera realtà delle Idee.
→ L’arte è imitazione di imitazione (
mìmesis mimèseos).
Omero e, in generale, la poesia vanno banditi dallo Stato ideale. L'arte va bandita fino a quando non riesca a dimostrare la sua utilità per lo Stato.
Platone ha una concezione negativa dell'arte: essa è una "copia" (mìmesi) del mondo sensibile, il quale a sua volta è una "copia" del mondo delle Idee. Perciò l'arte è una “copia della copia della verità” (mìmesis mimèseos). L’arte è corruttrice (spinge lo spirito umano verso le cose del mondo e lo allontana dalla Idee). Va bandita dallo Stato ideale.
[Tutta l'arte va bandita? E i suoi dialoghi non sono arte? Quale arte va bandita? Ricordiamo che Platone ce l’aveva con i miti che fanno vedere gli Dèi con risibili passioni umane...]
Repubblica: il mito di Er
Si accenna poi alle ricompense dopo la morte assegnate alla virtù e Socrate approfitta per dimostrare l’immortalità dell’anima che si può contemplare nella sua purezza e perfezione solo dopo il distacco dal corpo.
Solo il giusto è felice, da vivo e dopo morto.
Ed ecco il mito di Er (suddiviso in tre fasi):
1. Il giudizio dei morti
Una volta uscita dal corpo, l’anima di Er si mette in cammino con molte altre. Giunge in un luogo
daimonion (meraviglioso, divino): due coppie di voragini contigue, una in cielo e l'altra in terra, e in mezzo siedono i giudici delle anime. Questi, pronunciato il giudizio, pongono i segni della sentenza e ordinano ai giusti di salire a destra e in alto e agli ingiusti di scendere a sinistra in basso. Quando Er si presenta i giudici gli ingiungono di ascoltare e guardare per poterlo raccontare.
Dalla voragine celeste a sinistra e dalla voragine terrestre a destra uscivano altre anime, le une pure e le altre sporche e impolverate, reduci da un viaggio di mille anni in cielo o sottoterra.
Il viaggio sotterraneo era un viaggio di espiazione, nel quale ogni ingiustizia commessa in vita veniva pagata con dolori dieci volte tanti quanti quelli provocati. Con una misura analoga le azioni giuste venivano compensate. Tutti i castighi sono temporanei, tranne quelli riservati ai tiranni.
2. Il cosmo
Dopo sette giorni di permanenza in quel luogo, le anime riemerse sono fatte camminare per quattro giorni, finché non giungono in vista di una luce simile all'arcobaleno, che tiene insieme tutta la circonferenza del cielo.
Alle estremità è sospeso il fuso di Ananke (la divinità che rappresenta la necessità o il destino ineluttabile, per il quale girano tutte le sfere).
Il fusaiolo è formato da otto vasi concentrici, messi uno dentro l'altro, e ruotanti in direzioni opposte sull'asse del fuso.
Su ogni cerchio sta una Sirena, che emette un'unica nota, e le diverse Sirene tutte insieme producono ruotando un'armonia. (Gli otto fusaioli rappresentano gli otto cieli concentrici della cosmologia antica, nell'ordine pitagorico: Stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Venere, Sole e Luna).
Il fuso gira sulle ginocchia di Ananke. Le tre Moire (o Parche) siedono in cerchio su tre troni a uguale distanza. Le Moire sono figlie di Ananke: Cloto, la filatrice, canta il presente, Lachesi, la distributrice, il passato, e Atropo, colei che non può essere dissuasa, l'avvenire.
3. La scelta di una nuova vita
Un araldo mette in fila le anime per presentarle a Lachesi. Quindi, dopo aver preso dalle ginocchia della Moira le sorti e i modelli di vita, annuncia: “Anime, che vivete solo un giorno comincia per voi un altro periodo di generazione mortale, portatrice di morte, Sarete voi a scegliere il daimon. E chi viene sorteggiato per primo scelga per primo una vita, cui sarà necessariamente congiunto. La virtù è senza padrone e ciascuno ne avrà di più o di meno a seconda che la onori o la spregi. La responsabilità è di chi sceglie; il Dio non è responsabile”.
[Saper scegliere una vita giusta -commenta Socrate- è importante per raggiungere l’eudaimonìa (felicità). Anche chi viene estratto per ultimo, essendo ampia la rosa dei paradigmi di vita, c'è possibilità di condurre una vita non cattiva, se la scelta viene fatta con senno].
Er racconta che la prima anima, che era venuta dal cielo, dopo aver praticato la virtù solo per abitudine e senza aver fatto filosofia in una
politeia ordinata, si precipita a scegliere la vita di un tiranno.
Le anime che venivano dalla terra, invece, facevano scelte più avvedute, perché avevano imparato dall'esperienza.
La maggioranza sceglieva secondo le abitudini della vita precedente: Agamennone scelse la vita di un'aquila e Odisseo (Ulisse), ultimo a scegliere, stanco di avventure, scelse la vita tranquilla di un privato.
Una volta scelto il daimon, questo guida l'anima da Cloto, a confermare sotto il giro del fuso il suo destino, e poi da Atropo a renderlo inalterabile, e quindi, dal trono di Ananke, verso la pianura del Lete, afosa e senza alberi.
Alla fine della giornata le anime si accampano sulla riva del fiume Amelete, la cui acqua non può essere contenuta da nessun vaso.
Tutti -tranne Er- vengono obbligati a bere quell'acqua, che fa dimenticare. I meno saggi ne bevono di più. Poi le anime si addormentano e, a mezzanotte, con un terremoto, vengono lanciate nell'avventura del nascere.
Er, che non ha bevuto l'acqua del Lete, si sveglia sulla pira funeraria, con la memoria integra e racconta ai vivi ciò che ha visto.
Repubblica: uno schema esplicativo
FEDRO
Il luogo sopraceleste nessuno dei poeti di quaggiù lo cantò mai né mai lo canterà in modo degno.
Vi si tratta soprattutto dell'eros e dell'ascesa dell'anima verso il mondo intelligibile ma molti temi vi si intrecciano:
- Difesa dell'oralità contro la scrittura (mito di Teuth)
- L'anima umana (mito della biga alata)
- L'amore come via alogica all'Iperuranio (è in questo dialogo che il mondo delle idee viene chiamato così). Importanza della bellezza
- L’altra via per accedere al mondo delle Idee, liberandosi della prigione del corpo, è la filosofia, che tende alla verità
- I gradi dell'eros, cioè la scala gerarchica che, dall'amore fisico, arriva alla contemplazione del mondo delle Idee [Cfr. anche il
Simposio]
- La retorica: non si deve distaccare dalla verità e si attua attraverso un procedimento di analisi e sintesi
→In generale emerge il concetto che l'amore è una forza e una via alogica alla conoscenza dell’assoluto.
In noi c'è il desiderio (eros) mai soddisfatto di raggiungere la perfezione (a tutti i livelli) del mondo delle idee. Siamo "imparentati" con esso: la nostra più vera essenza è l'anima, che è spirituale e immortale come le Idee.
Abbiamo già visto che il desiderio (eros), che spinge l'anima a risalire verso il mondo intelligibile, è visto miticamente come figlio della Povertà (nasce dalla mancanza di ciò a cui aspira) e della Ricchezza (c'è una certa partecipazione a ciò che si desidera).
Eros è dunque il simbolo della filosofia.
C’è una scalata erotica da compiere.
La bellezza ci guida piano piano ad ascendere i gradi dell’eros (dalla bellezza dei corpi, alla bellezza dell’anima, fino alla contemplazione della bellezza in sé.
→ L’amore platonico non disprezza l’amore carnale, primo necessario livello. L’attrazione sessuale sta all’interno di una ricerca di un’originaria unità perduta (l’anima gemella nel mito dell’Androgino), ma poi c'è un amore che ci mette in relazione più diretta con il Bene.
Fedro: il mito della biga alata
L'anima umana è come una biga alata guidata dall'auriga (parte razionale, la ragione), un cavallo bianco (parte irascibile, le passioni nobili) e un cavallo nero (parte concupiscibile, le passioni più legate al corpo).
L’auriga non può muoversi senza i cavalli ma deve comandare e far sì che i due destrieri vadano nella stessa direzione, cioè in alto verso l’Iperuranio [compito dell’auriga è dunque la metriopazia] altrimenti per lo sforzo le ali dei cavalli si potrebbero spezzare e la biga cadrebbe sulla Terra (ecco il trauma dell’incarnazione).
L’amore (definito una follia positiva) può far passare dei fluidi misteriosi tra le persone, che in tal modo riescono a guarire le ferite delle ali dei cavalli e riprendere il volo
Fedro: il racconto della scala dell'Eros o della gerarchia del bello
Quanto alla divina follia ne abbiamo distinto quattro forme, a ciascuna delle quali è preposta una divinità: Apollo per la follia profetica, Dioniso per la follia iniziatica, le Muse per la follia poetica, mentre la quarta, la più eccelsa, è sotto l'influsso di Afrodite e di Amore.
Tutte le cose belle sono belle perché partecipano della Bellezza.
Iniziando il proprio cammino dal primo gradino della bellezza sensibile, l'uomo si eleva coltivando il suo fecondo amore per i giovani e così impara a percepire in loro i segni della pura e perfetta bellezza: allora potrà dire di non essere lontano dalla meta.
Così, da soli o sotto la guida di un altro, la perfetta via dell'amore ha inizio con la bellezza sensibile ed ha per fine la contemplazione della Bellezza pura: l'uomo deve salire come su una scala.
Ecco i gradi della scala erotica:
Chi inizia il cammino che può portarlo al fine ultimo, sin da giovane deve essere attento alla bellezza fisica.
In primo luogo, se chi lo dirige sa indirizzarlo sulla giusta strada, si innamorerà di una sola persona e troverà con lei le parole per i dialoghi più belli.
Poi si accorgerà che la bellezza sensibile della persona che ama è sorella della bellezza di tutte le altre persone: se si deve ricercare la bellezza che è propria delle forme sensibili, non si può non capire che essa è una sola, identica per tutti.
Capito questo, imparerà a innamorarsi della bellezza di tutte le persone belle e a frenare il suo amore per una sola: dovrà imparare a non valutare molto questa prima forma dell'amore, a giudicarla di minor valore.
Poi, imparerà a innamorarsi della bellezza delle anime piuttosto che della bellezza sensibile: a desiderare una persona per la sua anima bella, anche se non è fisicamente attraente. Con lei nasceranno discorsi così belli che potranno elevare i giovani che li ascoltano.
E giunto a questo punto, potrà imparare a riconoscere la bellezza in quel che fanno gli uomini e nelle leggi: scoprirà che essa è sempre simile a se stessa, e così la bellezza dei corpi gli apparirà ben piccola al confronto.
Dalle azioni degli uomini, poi, sarà portato allo studio delle scienze, per coglierne la bellezza, gli occhi fissi sull'immenso spazio su cui essa domina. Cesserà allora di innamorarsi della bellezza di un solo genere, d'una sola persona o di una sola azione -una forma d'amore che lo lascia ancora schiavo- e rinuncerà così alle limitazioni che lo avviliscono e lo impoveriscono.
Orientato ormai verso l'infinito universo della bellezza, che ha imparato a contemplare, le sue parole e i suoi pensieri saranno pieni del fascino che dà l'amore per il sapere.
Finché, reso forte e grande per il cammino compiuto, giungerà al punto da fissare i suoi occhi sulla scienza stessa della bellezza perfetta.
La Bellezza non ha forme definite: non ha volto, non ha mani, non ha nulla delle immagini sensibili o delle parole. Non è una teoria astratta. Non è uno dei caratteri di qualcosa di esteriore, per esempio di un essere vivente, o della Terra o del cielo, o non importa di cos'altro. Essa apparirà all'uomo che è giunto sino a lei nella sua perfetta natura, eternamente identica a se stessa per l'unicità della sua forma.
MENONE
Tema della conoscenza (problema gnoseologico).
La mente non è
tabula rasa.
Come e cosa si può conoscere?
O già si conosce una cosa oppure non la si conosce: nel primo caso non c’è nulla da imparare, nel secondo caso la conoscenza diventa impossibile perché non si può cercare non sapendo cosa cercare.
Per Platone il sapere (e la virtù) non può venire dall’esperienza, mutevole e relativa, ma la possiamo ricavare dal nostro interno, ricordando ciò che abbiamo contemplato nell’Iperuranio.
Famosissimo l’esempio di Socrate che, con la maieutica, riesce a condurre uno schiavo ignorante alla dimostrazione del teorema di Pitagora: è evidente che era innato in lui.
Quali sono dunque le vie per ricordare? Un modo è avere qualcuno che ci aiuti (Socrate per esempio), un altro, più impegnativo, è usare bene la propria esperienza.
Anche Pitagora ha fatto così: per primo si ricordò con la sua esperienza del teorema che gli viene attribuito (in realtà, quindi, lui non l'ha inventato,se lo è solo ricordato per primo).
TIMEO
Il
Timeo è sicuramente l'opera più influente, almeno fino all'epoca del Rinascimento, nella storia del pensiero filosofico e teologico dell'Occidente. Rappresenta la sintesi del pensiero cosmologico greco.
E' stato interpretato dalla Chiesa in senso cristiano.
Il personaggio principale non è Socrate, ma Timeo (un pitagorico).
Platone si occupa del mondo sensibile soggetto al divenire (il mondo in cui si muove l'uomo) che finora era solo stato nominato nella sua inferiorità in quanto pallida copia del mondo delle Idee.
E' quindi un dialogo fisico, che cerca di operare una grande sintesi in una visione del mondo unitaria.
→Dal caos al cosmo.
Si riprendono i temi dei rapporti Idee-Idee e soprattutto dei rapporti Idee-cose.
Vi si espongono una cosmogonia (come è nato il mondo) e una cosmologia (come è fatto il mondo), che in qualche modo rivalutano il mondo sensibile.
Tutto ha una causa.
Vi si narra il mito del Demiurgo →Il mondo sensibile è voluto da un essere divino buono, ma di potenza non infinita.
Vediamo la cosmologia del Timeo:
Dall'Identico e dal Diverso (due idee somme), il demiurgo plasma l'universo sulla base di 4 solidi regolari (tetraedro, cubo, ottaedro, icosaedro) da cui derivano i 4 elementi (rispettivamente: fuoco, terra, aria, acqua).
A questi 4 poliedri si aggiunge il dodecaedro da cui deriva l'etere [la cosiddetta quinta essenza]. Questi 5 volumi geometrici sono la perfezione e rappresentano la forma base della materia (i primi 4) e dei cieli e della Luna (il 5°elemento).
Il demiurgo pone poi anche il ricettacolo delle cose: il luogo o spazio.
Il Demiurgo ha plasmato anche gli Dei visibili e cioè: i sette astri, con le sette orbite in moto circolare, e gli Dei della tradizione (a cui ha affidato il compito di completare la generazione della realtà visibile, plasmando ciò che perisce e che Egli non può forgiare, affidando loro, da infondere nei corpi mortali, le anime umane incorruttibili).
→ Si capisce ora anche l'importanza della stereometria nell'educazione del filosofo: infatti la steroemetria (=scienza della misurazione dei solidi) ha come scopo trovare un quadro complessivo dei rapporti tra realtà fisica, numeri e geometria.
Il Demiurgo ha creato anche il tempo che è l'
immagine mobile dell'eternità (tempo come imitazione della perfezione). Non a caso ritorna sempre su se stesso [tempo ciclico come memoria dell'eternità].
Gli astri celesti con il loro moto circolare e perfetto lo rappresentano bene.
Il "grande discorso cosmologico" del Timeo descrive, in sintesi, la mirabile opera del Demiurgo che realizza il passaggio dal caos al cosmo; un'opera da cui scaturiscono l'armonia, la bellezza, l'unità e la simpatia del cosmo, la generazione e la struttura dell'anima (dell'universo e dell'uomo), il tempo, i pianeti e le stelle, gli animali e l'uomo.