sabato 5 dicembre 2015

26 novembre 2015 - Lezione 17 - Platone



PLATONE
(Atene 427 a.C – 347 a.C)

Aristolcle, detto Platone per la larghezza delle spalle (o della fronte) era di famiglia aristocratica, imparentato con Solone e Crizia.

Allievo e amico di Socrate dal 408 (prima voleva fare il poeta). Profondamente segnato dalla condanna del suo maestro per cui scrisse l'Apologia →(Diffidenza per la democrazia e preoccupazione per l'eunomia).

Abbiamo tutti i suoi Dialoghi, (anche se abbiamo probabilmente perduto gli scritti interni alla sua scuola), poi ci sono le dottrine non scritte
→ Asistematicità: non abbiamo di lui scritti rigorosi.

A differenza di Socrate, ebbe un forte interesse per l'impegno politico diretto
→ Il bene + la giustizia!

La sua è un'epoca di grandi trasformazioni (per Platone gli antagonismi sociali sono un grave pericolo per la polis).

La filosofia, che nasce dalla meraviglia (thaumàzein), è ricerca perenne, critica mai soddisfatta. Però di Platone è spesso stata data un'immagine statica


[Si è detto: "Philosophical tradition consists of a series of footnotes to Plato"]

Per approfondire la trattazione di Platone, puoi cliccare sulle lezioni degli scorsi marzo e aprile, a partire da qui: Platone



Socrate e Platone

Nemico comune è il relativismo dei sofisti.

Per Socrate la verità è insita in ogni uomo. Con la maieutica è possibile partorirla. L'uomo è la sua psychè. Non ha scritto nulla ed è vissuto sempre in città.
Platone invece scrive dialoghi e, probabilmente, ama la vita lontano dalla città, nella natura. Ma soprattutto si domanda: come è possibile che l'uomo abbia in sé la verità? Da dove viene la stabilità della verità? Come è possibile che le anime siano gravide della verità? Come può esserci verità oggettività se viene da soggetti diversi? Come si può dire *buono* in modo permanente se è riferito a cose diverse?





387 a.C: l'Accademia

Dopo il 399 Platone andò via da Atene, viaggiò e poi si fermò a Siracusa (da Dione, cognato del tiranno Dionisio I). Finì venduto come schiavo. Riscattato da un amico pitagorico, ebbe anche dei soldi con cui comprò un terreno vicino a Atene accanto ad un boschetto dedicato all'eroe Academo e vi fondò, nel 387, una scuola: l'Accademia che fu un'istituzione "religiosa" e un centro di studi. (Forse Platone pensava che avrebbe influito più con l'insegnamento che non con un impegno politico diretto).
Platone vi insegnò dai 40 agli 81 anni.
Doveva essere una palestra per futuri uomini di Stato e comunque per orientare la vita.

L'Accademia rimase aperta per 9 secoli. Fu chiusa nel 529 d.C. da Giustiniano in quanto istituzione culturale pagana


IL MITO
Un'immagine vale mille parole e un'analogia mille argomentazioni

Nei dialoghi, già di per sé una forma scritta particolare, agile e divulgativa (ricordiamo che Socrate, il suo maestro, era contrario alla scrittura!), ci sono spesso dei miti
Perché?
1. alleggeriscono
2. chiarificano, fanno didattica e sono persuasivi
3. sostengono in modo alogico (intuitivo) il raggiungimento della verità cui la ragione filosofica non riesce ancora ad arrivare direttamente

→ Quindi sono miti filosofici.

In generale, invece, i miti tradizionali e le forme artistiche che li narrano (Dèi con discutibili caratteristiche umane, vizi e passioni) sono condannati da Platone



Seconda navigazione: la nascita della metafisica

Se gli uomini non avessero valori universali e condivisi, non potrebbero comunicare e costruire la società.
Se non avessero criteri stabili, non potrebbero nemmeno conoscere e giudicare la realtà.

→ Una realtà immutabile e perfetta deve esistere, altrimenti non si spiegherebbe come mai gli uomini abbiano dentro di loro l’idea della perfezione (o della giustizia, ecc.) visto che nel nostro mondo sensibile la perfezione non esiste.
In base a che si può dire che una cosa è più o meno bella (giusta, grande, simile, ecc.)?

→Esistono paradigmi universali, immutabili e perfetti.
Esistono indipendentemente dalla nostra mente: sono entità immateriali del tutto separate dal mondo sensibile →soprasensibile →metafisica
Solo la mente (non i sensi) può cogliere queste essenze →sono enti intelligibili

[Nel linguaggio dei marinai la seconda navigazione era quella che, una volta venuto a mancare il vento, prevedeva l’uso dei remi. (→La prima navigazione era quella dei naturalisti)]



Il mondo delle Idee: l'Iperuranio

Iperuranio = al di là del cielo

L'intelletto, elevandosi al di sopra degli aspetti particolari degli oggetti, riesce a coglierne l'essenza, l'idea

IDEA (èidos) non è contenuto della mente, è l’essenza reale e intelligibile delle cose.

Sinonimi di idea: paradigma, archetipo, universale, essenza, in sé e per sé, forma, modello, aspetto, prototipo, “concetto”, causa, criterio, stampo, sostanza

Aggettivi per idea: reale, soprasensibile immateriale, innata, perfetta, immutabile, universale, eterna, comune, generale, intelligibile, necessaria, vera, pura



Il Bene in sé – L'Uno
C'è una gerarchia nelI'Iperuranio. Al vertice c'è l'Idea del Bene o Uno: causa universale di tutto ciò che è buono e bello.
Indefinibile razionalmente: è l'armonia e la ragion d'essere di tutto.
È il Sole, che illumina senza poter essere visto. Incomunicabile a parole. Attingibile solo con intuizione.

Platone parlava poi di Diade, principio (indeterminato) della molteplicità che, opponendosi all'Uno (determinante), dà origine all'universo. (E’ la luce del Sole? E’ la sovrabbondanza di bene che emana dal bene in sé? E’ il pensarsi? E’ ciò che non è uno? E' la vera origine di tutto?)


Come conosciamo?

Conosciamo attraverso le idee. Ma come conosciamo le idee?

Negli esseri umani alberga una memoria (reminiscenza o anamnesi) delle idee. Le abbiamo viste nei periodi di distacco dal corpo e di contemplazione del mondo intelligibile. Abbiamo un’anima che è stata nel mondo delle Idee e si reincarna → Dunque conoscere è ricordare.

C’è una scala nella conoscenza. Dai due gradi inferiori (doxa) si risale ai due gradi superiori (epistème) del sapere:
-eikasìa (immaginazione, superstizione)
-pìstis (credenza, opinione ragionata)
-diànoia (conoscenza dei rapporti matematici)
-noèsis (conoscenza dialettica delle Idee)

C'è anche un quinto livello? Potrebbe essere l’intuizione alogica e diretta del Bene in sé (contemplare misticamente il Sole accecante, che illumina le idee e il mondo)

Questi quattro (o cinque) livelli sono esemplificati attraverso il racconto del mito della caverna (v. sotto)

Si potrebbe dire: Platone = Socrate (la verità è in noi) + Pitagora (metempsicosi e contemplazione dell’Uno)



Il demiurgo e la cosmologia

Problema: come è possibile che dal mondo delle Idee (intellegibili) nasca il mondo delle cose (sensibili), che è quello nel quale noi viviamo?

La risposta mitologica di Platone è la seguente: esiste un Demiurgo (artigiano).
E’ un Dio artefice, ma non creatore (e non personale) come il Dio cristiano, perché il Dio cristiano ha creato il mondo dal nulla, e quindi ha creato anche la materia, mentre invece il Demiurgo trova già esistenti le Idee e la materia (chora).

Il Demiurgo, prendendo a modello le Idee, che sono delle "forme", plasma la materia. Riesce a modellare il mondo con un equilibrio tra intelligenza (libertà) e necessità.

Egli crea anche il tempo, immagine mobile dell’eternità. Il tempo è la dislocazione in successione della gerarchia ordinata di enti, che nel mondo ideale esiste contemporaneamente in un presente eterno.

Perché il Demiurgo ha voluto generare il mondo sensibile? Platone risponde: per "bontà" e amore di bene (il Bene in sé è il modello).
Perciò, per farlo più perfetto possibile (anche se sempre imperfetto, rispetto alle Idee), lo ha dotato anche di un'anima (l'anima del mondo), una sorta di principio vivificatore, a somiglianza dell'anima umana.




PLATONE RACCONTA (e inventa) MITI










Il mito della caverna

In una caverna ci sono dei prigionieri, incatenati fin dall'infanzia nelle sue profondità. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possono solo fissare il muro dinanzi a loro.

Alle spalle dei prigionieri è stato acceso un enorme fuoco.
Tra il fuoco e i prigionieri corre una strada rialzata. Lungo questa strada è stato eretto un muricciolo, lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti, animali, piante e persone.
Le forme proiettano la propria ombra sul muro e questo attrae l'attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parla, si forma nella caverna un'eco che spinge i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.

Un prigioniero si libera dalle catene!
Gli resta difficile camminare e perfino rimanere in piedi. Va verso l'uscita della caverna: i suoi occhi restano abbagliati dalla luce e prova dolore.
Nel cammino, vede le forme portate dagli uomini lungo il muretto. Gli sembrano meno reali delle ombre alle quali è abituato. Soffre nel fissare il fuoco, preferisce ancora volgersi verso le ombre.
Dopo molti sforzi, esce dalla caverna. Viene esposto alla diretta luce del Sole. Rimane quasi accecato e non riesce a vedere alcunché. Il prigioniero si trova a disagio, si irrita per essere uscito dal luogo cui era abituato.

Piano piano, il prigioniero riesce a distinguere le ombre delle persone e delle cose naturali, grazie alle loro immagini riflesse nell'acqua. Con il passare del tempo può sostenere la luce e guardare gli oggetti stessi.
In seguito, di notte, volge lo sguardo al cielo, ammirando i corpi celesti con maggior facilità che di giorno.
Infine, il prigioniero è capace di vedere, per brevi attimi, il Sole stesso. Ora sa che il Sole emana la luce che rende tutto visibile con chiarezza.
Capisce anche che è il Sole a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e suoi compagni vedevano.

Resosi conto della situazione, egli decide di tornare nella caverna e liberare i suoi compagni, essendo felice del cambiamento e provando per loro un senso di pietà.
Il problema, però, è convincere gli altri prigionieri ad essere liberati. Infatti, deve riabituare gli occhi all'ombra. Passa del tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente di nuovo nel fondo della caverna. Durante questo periodo è oggetto di riso da parte dei prigionieri: è tornato dall'ascesa con gli occhi rovinati!
Inoltre, questa sua temporanea inabilità influisce negativamente sulla sua opera di convincimento e, anzi, spinge gli altri prigionieri ad insultarlo, denigrarlo.

Un bel giorno lo uccidono.



Immagina…

… La situazione dell'uomo, prigioniero nella caverna; (vede solo ombre)

… La liberazione dalle catene all'interno della caverna; (vede la distinzione tra ombre e cose)

… L’uscita dalla caverna verso la luce del Sole; (si abitua alla luce, vede la natura al di là delle cose che erano nella caverna)

… La comprensione che c’è il Sole (il bene in sé, l’Uno)

… Il rientro dell'uomo nella caverna (da liberato a liberatore, con il rischio di morire, nell’anima e nel corpo)


Significati generali del mito della caverna

1. ONTOLOGICO (essere). Ci sono due livelli di realtà, una sensibile e un’altra soprasensibile.

2. GNOSEOLOGICO (verità). Ci sono due livelli di conoscenza, una è l’opinione ingannevole, l’altra è la scienza, che è vera conoscenza

3. ASSIOLOGICO (valore, morale). Il nostro comportamento e i nostri giudizi morali dipendono da criteri che implicano il riferimento a una perfezione assoluta non riscontrabile nel mondo sensibile.

4. POLITICO (etica, dovere verso la collettività). Il filosofo che pure vorrebbe fermarsi a contemplare la bellezza del mondo ideale ha il dovere di aiutare la collettività. Non si può prescindere dal contesto in cui si vive. L’uomo è uomo in una città.

5. PEDAGOGICO (è il percorso educativo dell’Accademia). L’educazione è un percorso di graduale avvicinamento teorico-pratico alla verità. Conversione alla vita filosofica

6. MISTICO – RELIGIOSO (contemplazione intuitiva del Bene in sé). Il Sole non si può guardare direttamente. Occorre un occhio interiore che intuisca l’Uno. Serve la conversione dello sguardo verso l’idea del Bene.


Il mito di Er

In una grandiosa rappresentazione dell’universo governato da un’armonia perfetta si narra di come Er, il soldato, veda che l'anima è immortale, i giusti verranno premiati, gli ingiusti puniti.

Abbiamo la possibilità di partecipare alla scelta della nostra vita.

[Er è una figura inventata da Platone per l'elaborazione di uno dei suoi miti: protagonista è un soldato della Panfilia caduto in battaglia, di nome appunto Er, che viene resuscitato mentre il suo corpo sta per essere bruciato sulla pira e racconta ciò che ha visto].


Il mito di Theuth

Theuth, l'ingegnosa divinità egizia, si recò presso re Thamus, allora sovrano dell'Egitto, per sottoporgli le proprie invenzioni, consigliandogli di diffonderle presso il suo popolo, che ne avrebbe tratto grande giovamento.

Quando Theuth propose a Thamus l'arte della scrittura (“Questa conoscenza, o re, renderà gli egiziani più sapienti e più capaci di ricordare, perché con essa si è ritrovato il farmaco della memoria e della sapienza”), il saggio Re rispose: “O ingegnosissimo Theuth, c'è chi è capace di creare le arti e chi, invece, è capace di giudicare quale danno o quale vantaggio ne ricaveranno coloro che le adopereranno. Ora tu, essendo padre della scrittura, per affetto hai detto proprio il contrario di quello che essa vale. Infatti, la scoperta della scrittura avrà per effetto di produrre la dimenticanza nelle anime di coloro che la impareranno, perché fidandosi della scrittura si abitueranno a ricordare dal di fuori, mediante segni estranei, e non dal di dentro e da se medesimi: dunque, tu hai trovato non il farmaco della memoria, ma del richiamare alla memoria. Della sapienza, poi, tu procuri ai tuoi discepoli l'apparenza e non la verità: infatti essi, divenendo per mezzo tuo uditori di molte cose senza insegnamento, crederanno di essere conoscitori di molte cose, mentre come accade per lo più, in realtà, non le sapranno; e sarà ben difficile discorrere con essi, perché sono diventati portatori di opinioni invece che sapienti.”



Il mito del Demiurgo 

Il Demiurgo ha plasmato (non creato) la materia preesistente (la chora) infondendovi il massimo grado possibile di somiglianza al mondo intelligibile delle Idee.

Il Demiurgo è limitato dalle idee (deve imitarle) e dalla materia (oppone resistenza).

Platone aveva bisogno di un principio unitario in grado di giustificare e superare la rigida distinzione (dualismo) tra Idee e cose.
Il divino artigiano cui viene dato il nome di Demiurgo è il mediatore tra il mondo delle idee e la materia.

Il Demiurgo è l'intelligenza che progetta il mondo, avendo le idee a modello e la materia (o chora) come strumento.

Il mondo sensibile, soggetto al divenire e generato, deve necessariamente discendere da un principio, giacché non vi è generazione senza una causa. Il Demiurgo, essendo legato imprescindibilmente all'idea di Bene, non può che creare il migliore dei mondi possibili.


Il Demiurgo ha plasmato anche gli Dei visibili e cioè: i sette astri, con le sette orbite in moto circolare, e gli Dei della tradizione (a cui ha affidato il compito di completare la generazione della realtà visibile, plasmando ciò che perisce e che Egli non può forgiare, affidando loro, da infondere nei corpi mortali, le anime umane incorruttibili).

Il Demiurgo ha creato anche il tempo che è l'immagine (o imitazione) mobile dell'eternità. Non a caso ritorna sempre su se stesso [tempo ciclico]. Gli astri celesti con il loro moto circolare e perfetto lo rappresentano bene.

Dal mito del Demiurgo discende anche il mito dell'Anima del mondo: il mondo delle Idee è animato, movimentato, intelligente, vitale. Dunque il mondo sensibile, nella misura in cui il Demiurgo lo plasma a immagine delle Idee, non può che essere simile a quello intellegibile
L'Universo è un grande essere vivente e ha dunque un'anima sua.
Platone paragona il mondo sensibile a un animale vivente, anzi a una sorta di "dio visibile", in quanto plasmato dal Demiurgo; di questo dio visibile il corpo è il mondo e l'anima è estesa a tutto il mondo.

C'è un richiamo ai pitagorici: l’anima permea il mondo e lo contiene secondo proporzioni e intervalli numerici di una scala musicale. Di qui anche il concetto di simpatia universale, sviluppato soprattutto dal neoplatonismo rinascimentale.

Il "grande discorso cosmologico" del Timeo (il dialogo in cui è narrato il mito del Demiurgo) descrive, in sintesi, la mirabile opera del Demiurgo che realizza il passaggio dal caos al cosmo; un'opera da cui scaturiscono l'armonia, la bellezza, l'unità e la simpatia (=comune sentire, corrispondenza) del cosmo, la generazione e la struttura dell'anima (dell'universo e dell'uomo), il tempo, i pianeti e le stelle, gli animali e l'uomo.


Agrafa dogmata: le dottrine non scritte (ἄγραϕα δόγματα)

Platone non ha volutamente lasciato scritta la parte più importante della sua filosofia.

Su queste cose non c'è un mio scritto né ci sarà mai. In effetti la conoscenza della verità non è affatto comunicabile come le altre conoscenze, ma, dopo molte discussioni fatte su questi temi, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende dallo scoccare di una scintilla, essa nasce dall'anima e da se stessa si alimenta.
(Platone, dalla Lettera VII)

Da testimonianze si è capito che le sue dottrine non scritte parlavano soprattutto dell'Uno e della Diade.
Tale concezione, di tipo pitagorico, intende l'Uno (il «Bene in sé» dei dialoghi) come tutto ciò che è unitario e positivo, mentre la Diade, ovvero il mondo delle differenze e della molteplicità, genera il disordine. Ma potrebbe anche essere che alla Diade spetti il primato.

Le Idee "procedono" da quei due Principi (Uno-Diade) partecipando dell'unità e distinguendosene per difetto o per eccesso; le stesse Idee quindi entrerebbero in relazione con la materia e genererebbero gli enti sensibili, che partecipano dell'Idea corrispondente e se ne differenziano secondo la Diade, sempre per eccesso o per difetto.
Ne consegue che le stesse Idee sarebbero "generate", forse ab aeterno.
Il bene, poi, nel mondo sensibile, dove non può esservi unità, ma solo molteplicità, consiste nell'armonia delle parti.

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